L’esperienza del partorire un figlio e diventare genitore , spesso è impregnata da difficoltà importanti che non sempre vengono cancellate con l’incontro del bambino.
Il parto e il diventare madri sono vissute spesso come un passaggio: non possono e non devono far male, anzi in poco tempo si deve ritornare a far tutto il resto di sempre oltre ad accudire un figlio.
Il sistema patriarcale ancora molto radicato nel nostro tessuto sociale espone, condanna la donna al giudizio, alla sottomissione. Nell’atto creativo più potente dell’essere umano che partorisce un figlio, il patriarcato denigra, abbatte ed uccide la grandezza di una donna.
Altre volte la scelta di diventare madre non corrisponde alle attese. Non sempre una gravidanza è fisiologica, a volte ci sono problemi e la medicina occidentale marchia in toto la donna definendola “gravidanza patologica”, “donna attempata” oppure come spesso riportano “donna non atta a partorire”.
Altre volte è stato troppo: troppo le ore di travaglio, troppo il dolore, la ventosa, il cesareo, aver chiesto e non esser stata ascoltata, tutto troppo!
I diritti alla salute sessuale e riproduttiva sono sempre più al centro dell’attenzione da parte della comunità internazionale.
Ci sono, però, forme di violenza e di abuso ancora nascoste e stigmatizzate, da portare alla luce per riconoscerle e, soprattutto, contrastarle.
Tra queste, la violenza ostetrica colpisce le donne a livello sia fisico che mentale, nell’assenza generalizzata di tutele e consapevolezza. Oggi, la definizione di violenza ostetrica comprende numerose categorie di abuso, sia nel corso della gravidanza che del parto. Tra questi: l’abuso fisico, verbale e psicologico, la mancanza di consenso informato e di privacy, il ricorso a procedure eccessive e dolorose senza che venga fornita un’adeguata terapia del dolore.
Alcune di queste procedure sono altamente sconsigliate dall’Oms: ad esempio, l’episiotomia, ossia l’incisione del perineo, e la manovra Kristeller, una forte pressione del fondo uterino praticata durante le contrazioni. Altre si riconducono a un’eccessiva medicalizzazione della nascita, come l’utilizzo di ossitocina sintetica (un ormone somministrato per indurre il parto) e il ricorso al parto cesareo anche quando non necessario. A queste pratiche si accompagnano, poi, tutta una serie di violenze meno percettibili, ma che lasciano segni altrettanto gravi sulle vittime.
Fra i numerosi soprusi riportati sono presenti: abusi verbali e umiliazioni (riscontrati soprattutto nei confronti di donne appartenenti a minoranze), divieto di scegliere la posizione del parto o di avere con sé in sala una persona di fiducia, situazioni di totale mancanza di riservatezza, privazione di cibo e acqua, impossibilità di tenere il bambino nella propria camera subito dopo la nascita.