Dai due ai tre anni: come incoraggiare la crescita dei nostri terribili duenni….

Non chiamiamoli terribili due!  cosa c’è sotto il tappeto?

Il periodo che va dalla nascita al secondo anno di vita, è il più straordinario e ricco di cambiamenti e sviluppi dell’intera esistenza dell’essere umano: si passa dal  neonato alla personcina con cui viviamo, che con sempre maggiore proprietà di linguaggio è in grado di sostenere una conversazione, di avere opinioni proprie ( e quante! ), di porre domande, di controbattere e rispondere con impertinenza e soprattutto, di lottare per la propria indipendenza!

A due anni bambini e bambine contestano tutto e sempre, e ciò non è un male… nonostante sia un periodo che può mettere i genitori in situazioni di forte affaticamento e tensione, questa esplicita richiesta di indipendenza può infatti confondere i genitori perché di fronte ad una creatura che sa fare così tante cose (camminare, parlare, correre, giocare, pensare, ragionare, la capacità di immedesimarsi negli altri)  è semplice dimenticarsi che in realtà è ancora piccola,  sa ancora poche cose del mondo, che in molte occasioni è per lei un mistero.

Alcuni genitori si chiedono che fine abbia fatto il b. piccolo, tenero, e dipendente al quale erano abituati: per quanto faticoso, sentirsi indispensabili può essere molto gratificante e le manifestazioni di indipendenza del figlio o figlia di due anni, possono essere sentite a volte come una “rivolta” contro mamma e papà.  Può aiutare i genitori tenere presente che la sua creatura si trova sul confine di un passaggio importante di età, tra l’inizio della sua vita e l’infanzia vera e propria. Ciò che più conta probabilmente è che i genitori riescano ad apprezzare le incognite e gli stimoli che nascono dal consentire al figlio di maturare la propria identità, offrendogli l’aiuto, l’accettazione e il sostegno indispensabili perché ciò avvenga.

Proprio per questo prendersi cura di un bambino in questo periodo della sua vita, può anche essere molto gratificante, mettendosi nella prospettiva di domandarsi il significato delle sue azioni, provando a guardare il mondo attraverso i suoi occhi: gli occhi di un bambino di due anni, esaltato dalle capacità che va scoprendo in se stesso, costantemente teso ad imparare, sperimentando il mondo, ad assorbire e a sentire tutto.

A questa età il bambino scopre il potere della parola e dell’azione: lo sperimenta continuamente e affina la sua capacità di scegliere. Può succedere che scappi via quando lo si chiama, che nn voglia indossare il cappotto, non voglia uscire, baciare i nonni, lasciare un gioco condiviso o interroghi e contesti con sempre maggiore sicurezza. Scoprono quella potente parolina che è il “no”. Questa scoperta è una pietra miliare ed angolare sulla strada della indipendenza e il b., che non ha ancora compreso fino in fondo il potere del no, ma è del tutto determinato a sperimentarlo, non ha ancora acquisito una vera consapevolezza di sé. In questo senso, sapere dire “no!”, è importante tanto quanto sentirselo dire. Autostima e autodeterminazione iniziano in casa, sperimentando giorno dopo giorno, di poter dire “no!” ovvero il diritto di opporre un rifiuto o una contestazione, senza che ciò significhi che come genitori ed educatori siamo accondiscedenti con le richieste ed imperativi che il b. ci pone. Sforzarsi il più possibile di rispettare il b. con fermezza (non cadendo nella trappola delle punizioni o degli scambi), lo aiuta infatti nello sviluppo della coscienza di se e di ciò che fa, desidera etc,  quindi  nella riflessione su ciò che fa e sente dentro di sè, sviluppando nel tempo un certo autocontrollo. Il b. impara a capire l’adulto, l’importanza di riflettere sulle cose, e gli offriamo la possibilità di trovare delle strategie per risolvere situazioni difficili.

I duenni hanno comportamenti diversi in gruppo/in classe o fanno le stesse scenate che fanno in casa anche in compagnia?

Gran parte delle difficoltà che caratterizzano la convivenza con un b. di due anni possono essere composte se gli adulti riescono a comprendere i motivi per cui si comporta in modo prepotente e quale sia il significato di tale atteggiamento in quel momento della sua crescita.

A questa età infatti la prepotenza è  spesso motivata da apprensioni o da timori che il b. prova nei confronti di qualcosa.

Per il b. di due anni mamma e papà sono due figure dotate di una potenza immensa: sanno tutto, possono tutto, capiscono tutto… sono le figure più importanti fra quelle che popolano il suo mondo. Questa convinzione è tra l’altro corroborata dalla realtà: se si prova a guardare il mondo dall’altezza di un b. di questa età, si scopre una prospettiva diversa.. da quell’altezza i tavoli sono alti, i mobili enormi e gli adulti…come ci si potrà sentire quando si arriva appena alle ginocchia di questi giganti? Quindi provare  a mettersi in questa prospettiva, può essere utile per pensare all’idea di “disciplina.” Se proviamo a guardare il mondo dall’altezza dei due anni, attraverso gli occhi dei nostri bambini è più facile che le nostre ire si dissolvano, rendendo la nostra possibilità di capire più fluida. Quindi potrà essere più semplice sentire che il bambino magari è spaventato, geloso, stanco, provocatorio….

Questo ci consente di valutare con più facilità ciò che sta avvenendo… ( il famoso respira prima di agire), sia dal punto di vista del b. che dal nostro, e questo ci aiuta nel trovare una risposta che dica al bambino che abbiamo capito, o che comunque, stiamo cercando di capire, anche se a volte non ci azzecchiamo. Ma intanto gli stiamo dicendo che non lo lasciamo solo, in balia di ciò che prova.In questo modo si verde che spesso l’ostinazione si dissolve.  E questo, questo modo di stare in mezzo alle tempeste, perché di tempeste la nostra vita umana ne è piena, nel tempo gli resterà.

Certo, al nido, come educatrici, questo può risultare più semplice da realizzare, perché i bambini non sono figli nostri. Questo per certi versi semplifica i sentimenti di vergogna e inadeguatezza che alcuni genitori provano davanti ai momenti “migliori” che a volte i nostri figli ci fanno vivere in mezzo al supermercato quando per  esempio sono stufi oppure quando non riescono a giocare “ bene” con latri bambini come noi abbiamo in mente.   Ma la fase che il bambino attraversa per trovare se stesso è la medesima.

Al nido c’è comunque un gruppo di bambini e questa attenzione così personalizzata non sempre è possibile da realizzare. Di contro si può lavorare accompagnando nel gruppo l’incontro positivo tra i bambini, avendo in mente il rispetto e lo sviluppo della fiducia, rinforzando ciò che avviene anche a casa con i genitori.  Infatti il rispetto per gli altri può essere imparato solo se il b. si sente rispettato egli stesso dagli adulti, esperienza che gli consentirà di sviluppare il rispetto per se stesso. E rispettare un b. rispettando il suo modo di fare le cose, di esprimersi, trova nel gioco una grande opportunità. Grazie al gioco hanno la possibilità di scoprire la propria creatività.  Infatti a volte gli adulti hanno una idea precisa di come si dovrebbe realizzare una determinata cosa e nn si soffermano a considerare che i figli, i bambini del nido,  ne hanno un’altra. A questa età i b. hanno bisogno di essere incoraggiati, perché sperimentano costantemente che sono “piccoli”: mano mano che le loro capacità si consolidano e gli orizzonti si allargano, è come si se pagassero una sorta di pedaggio… cominciano a rendersi conto di quanto sia grande il mondo e di quanto loro poco sappiano.

per i duenni, in questa loro fase esplosiva, meglio la scuola o la famiglia?

I bambini sono felici di incontrare altri bambini e anche i genitori. Stare in compagnia dei propri figli è piacevole ma direi che sia i genitori che i figli hanno bisogno dell’esperienza, tutta rigenerante dello stare con gli altri. Inoltre in questa fase, in cui i genitori si possono sentire affaticati, penso possa aiutare trovare altri genitori nella stessa situazione, sentire le strategie degli altri, “esercitandonsi” a quella posizione descritta sopra come  “ respira… “.  Inoltre penso che il confronto anche con le educatrici del nido, possa essere utile a vedere il b. anche da altri punti di vista, a pensare a lui insieme ad altri persone. Una cosa che credo sia utile con bambini di questa età,  è darsi degli obbiettivi realizzabili, evitando di mettersi in situazioni faticose che obbligano tutti a correre, ad a dover avere molta pazienza, a giocare “bene”  etc, etc..

qualche consiglio a quei genitori che si trovano a dover affrontare un duenne insieme a figli di altre età?

In linea generale credo che niente come la convivenza con un b. di due anni, obblighi gli adulti a fare i conti con l’aspetto infantile del proprio carattere.

A questa età il b. tende a mostrarsi appassionato per entrambi i genitori, con una preferenza per il genitore del sesso opposto. I sentimenti di gelosia dei bambini di due anni, possono rendere difficili i giorni in cui si è tutti a casa, come il sabato e la domenica. Propria quando i genitori vorrebbero trascorrere del tempo insieme, magari aiutandosi, in modo da condividere un po’ di fatiche. A volte le madri raccontano che gli sembra che i b. crei meno problemi quando è sono da sole. Prendere coscienza della forza della gelosia dei b. , un sentimento che si impara a conoscere attraverso la propria, e che si manifesta quando sono presenti entrambi i genitori, e dei suoi effetti sulla famiglia è una questione importante. Infatti non è raro che la gelosia che i b. provano per il rapporto tra il padre e la madre, sia rivolta nei confronti di fratelli e sorelle.

Infine questa domanda mi aiuta a dire di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, e che a che vedere con le incognite del mestiere del genitore, e che credo ci accompagnino per tutta la vita..io ho una figlia di 23 anni.

Io credo che quando ci nasce una creatura inizia un viaggio, il viaggio di accompagnare la vita di altro. Un altro che con buona probabilità è molto diverso da te, ama cose diverse, ma che ha bisogno di te, del tuo sguardo, della tua presenza, dei tuoi pensieri, per trovarsi e per andare… perché  più di metà della sua vita la farà senza di te, nel mondo, con altri.  L’incontro con questo figlio o con i diversi figli che abbiamo, cambia la nostra vita: niente sarà più come prima, perché per accompagnare loro a crescere, dobbiamo crescere anche noi. Dobbiamo rivisitare i luoghi interni della nostra infanzia, le emozioni che abbiamo lasciato indietro e che sono rimaste sospese: le cose che di noi non conosciamo o che conosciamo ma non abbiamo mai avuto voglia di affrontare. Per questo l’esperienza della genitorialità, può essere una esperienza di profonda libertà, perché ci chiede di cambiare, di diventare migliori, perché accettiamo di sbagliare.  Se accettiamo questo, che in sostanza è come dire di essere pronti a fare una nuova esperienza con i nostri figli, anche nei momenti in cui ci sembra di non capire niente, di sbagliare tutto, di volerli anche un po’ regalare a qualcun’altro, troviamo dentro di noi una qualche esperienza a cui attingere che ci aiuta a provare, per tentativi ed errori. Questo i nostri terribili duenni, ce lo chiedono profondamente, perché rivendicano il diritto di contestarci se non ci comportiamo ragionevolmente… richiamandoci a noi stessi, alla necessità di avere dei limiti e di darli, di affrontare la paura di non saper fare, a sbagliare e ammettere i propri errori nel comprendere e a desiderare di fare meglio la volta successiva.

Per questo penso che i genitori possano essere i migliori esperti dei loro figli.

A cura di Francesca Sisto

Educatrice, responsabile OMI programma MenoUnoPiuSei.